Sala Priori, ore 12.00
L'avvocato milanese Marcello Bergonzi Perrone ha spiegato questa mattina il rapporto tra diffamazione e web, passando per la carta stampata, con il caso Sallusti. La continua diffusione dei nuovi media permette di diffondere un messaggio diffamatorio in maniera estremamente estesa; oggi è infatti molto difficile che la diffamazione passi inosservata da parte della vittima, grazie ai motori di ricerca e al self googling.
Il reato della diffamazione è trattato nell'articolo 595 del Codice Penale, che prevede come pena la reclusione o la sanzione pecuniaria.
Mentre nel caso dell'ingiuria, si verifica un'offesa nei confronti di una persona presente, in quello della diffamazione, questa avviene in assenza dei diretti interessati, ma è necessario che abbiano assistito al fatto almeno due persone.
L'onore è un concetto che si correla a un valore di dignità sociale uguale per tutti, a differenza della reputazione, che è un carattere relativo alla personalità; si accende quindi un conflitto tra l'articolo 3 relativo alla tutela dell'onore, e l'articolo 21 (entrambi costituzionalmente garantiti), che tutela la libertà di manifestazione del pensiero. Il diritto di cronaca, come qualunque diritto, si definisce per mezzo dei suoi stessi limiti, che sono verità, continenza e pertinenza.
Va assolutamente sottolineato che, per quanto riguarda la diffamazione, è necessario distinguere se si tratti di stampa o di giornalismo online, come nel caso dei blog: le norme sulla stampa sono infatti speciali e non valgono in altri casi.
Il caso Sallusti è un recente caso emblematico di diffamazione a mezzo stampa, che ha avuto una forte risonanza nell'opinione pubblica. Nel 2007, due articoli del giornale di Sallusti, riportavano un fatto distorto secondo i giudici, che era stato infatti smentito il giorno precedente dalle agenzie di stampa. Sarebbe bastata quindi una ricerca più approfondita, per non cadere nel reato di diffamazione; sono stati conseguentemente assegnati due capi di imputazione al direttore Sallusti, mentre uno solo al giornalista che aveva scritto il famoso pezzo.
Secondo una statistica di gennaio 2013, nel 60% dei casi di diffamazione in Italia si viene puniti solo con una multa, nel 20% dei casi solo con la reclusione, e sempre nel 20% dei casi sia con la reclusione che con la sanzione pecuniaria.
Le parti lese, sono editori nel 73% dei casi, direttori responsabili nel 66%, giornalisti nel 64%, e soggetti intervistati nel 6%.
Tra i Paesi del Consiglio d'Europa, 26 prevedono la reclusione, 16 non la prevedono, e 4 la prevedono solo in casi peculiari.
Resta fondamentale la distinzione carta stampata e non: come la sintonizzazione e la trasmissione telematica. Per la legge, se il modo è diverso, diverso è il trattamento.
Giulia Mengolini