LA FINE DELL’OBIETTIVITÁ NEL GIORNALISMO

Oggi, 7 aprile, si è tenuto presso la sala Raffaello dell'Hotel Brufani, alle ore 14, un panel discussion sulla fine dell'obiettività del giornalismo, con Yasmin Alibhai Brown giornalista dell'Independent, Charlie Beckett direttore del Polis, Dan Gillmor docente di Imprenditoria dei Media Digitali e Cultura Digitale alla Walter Cronkite School of Journalism and Mass Communication, presso l'Università dell'Arizona, Mathew Ingram giornalista di Fortune Magazine e Anna Masera garante del lettore La Stampa.
Un dibattito quanto mai attuale sulla sottile linea che divide il giornalista tra l'essere obiettivo o l'essere emotivo, in un mondo sempre più social addicted.
"Bisogna mettersi  d'accordo tutti sul fatto che l'obiettività non è mai esistita" così inizia l'intervento di Charlie Beckett che pone l'attenzione sul fatto che ormai le persone personalizzano il giornalismo in relazione alle loro emozioni e al loro rapporto in rete. Compito del giornalismo è di tener conto di questa emotività del pubblico perché il fattore emotività è un fatto importante.
La parola passa a Dan Gillmor che sentitamente ringrazia l'organizzazione dell'IJF, i volontari, e gli interpreti, ricevendo un caloroso applauso. Descrive l'evoluzione del lettore da passivo a attivo che è avvenuta in questi ultimi anni, in un momento in cui abbiamo fonti illimitate di informazione create proprio tra persone che prima formavano un pubblico passivo. Conoscere il punto di vista mondiale è utile, incrementa la trasparenza che ora deve essere vista come nuova obiettività. Bisogna, quindi, riconoscere che l'obiettività non esiste più come assoluto, perché gran parte dell'onere è oramai su di noi come pubblico.
Mathew Ingram approfondisce il problema della morte dell'obiettività nella diffusione di tanti nuovi mezzi di informazione, come i social network. "Preferirei meno obiettività falsa, più emotività" queste le parole di Ingram a conclusione del suo intervento.
Yasmin Alibhai Brown racconta brevemente la sua storia da reporter e di come le discussioni intorno al tema dell'obiettività l'abbiano spinta a diventare una giornalista. Pone l'accento sull'inesistenza dell'obiettività e ricorda come, solo in pochi  momenti, alcuni cronisti nel raccontare momenti di panico, ad esempio la guerra in Crimea, siano stati molto bravi nell'essere obiettivi. Tante altre storie e cronache, invece, mostrano come si è poco obiettivi nel non voler volontariamente raccontare dei fatti giornalistici perché scomodi. "Il giornalismo non deve essere fedele a nessuno, la fedeltà è spesso sopravvalutata, dobbiamo essere non leali nei confronti di nessuno. Solo così possiamo essere obiettivi." Si conclude con queste parole l'intervento della Alibhai Brown.
Anna Masera presenta un punto di vista diverso da quello portato avanti fin ora. "C'è un forte bisogno di trasparenza nel comunicare col lettore e nel lavoro di giornalista. Il giornalismo deve tornare ad avere un ruolo importante, e c'è bisogno, invece, di avere meno emozioni e più trasmissione di notizie. Meno soggettività dei giornalisti, che dovrebbero avere una mente chiara e analizzare ciò che succede risparmiando i loro commenti e la loro soggettività. Puntare sull'affidabilità pubblicando storie di qualità." Presenta, infine,  un progetto proposto da un centro californiano di ricerca, al quale partecipa anche la Stampa, che cerca di sviluppare un prototipo di notizia affidabile e obiettiva, un modo concreto per realizzare trasparenza.
Numerosa la partecipazione al panel che ha visto la presenza di molti giornalisti di testate e programmi radiotelevisivi internazionali.

Nicoletta Petrillo