Non più minacce muscolari ma forme più subdole e viscide di intimidazione. Sono la querela e la diffamazione, con le pesanti conseguenze della delegittimazione e dell’autocensura, le nuove armi della mafia nei confronti dei giornalisti.
Rossella Canadè della “Gazzetta di Mantova”, Franco Castaldo, fondatore di “Grandangolo”, e Claudio Cordova, direttore de “Il Dispaccio”, hanno portato questa mattina al Palazzo Sorbello di Perugia le loro esperienze di giornalisti che hanno subito intimidazioni da parte delle associazioni mafiose. “Ai mafiosi - ha spiegato Canadè - non giova fare minacce forti perchè sarebbe una prova della loro presenza in vita. Dispongono azioni più subdole e viscide come la querela che, se non si è coperti da un editore importante come nel caso dei freelance, diventa un grosso ostacolo per proseguire nella professione. Un’altra tattica dei mafiosi è la delegittimazione continua del giornalista che avviene anche in un pericoloso silenzio".
Ancora più intensa l’esperienza vissuta da Castaldo, sotto tutela per due volte, che da 35 anni lavora come giornalista in un territorio difficile come la Sicilia. Nel 1996 si è trovato a scrivere di un imprenditore colluso con la mafia dopo aver ascoltato in un’udienza pubblica le dichiarazioni di un pentito. Le sue parole sul quotidiano “La Sicilia” gli sono costate una querela e continui trasferimenti da parte del suo editore. Situazione difficile anche per Cordova che, con Il Dispaccio, racconta la cronaca in Calabria: “Una delle peggiori circostanze che possa capitare ad un giornalista è di autocensurarsi, di interrompere la propria passione e voglia di scrivere perchè si è stati minacciati o querelati.
L’avvocato Valerio Vartolo, che fa parte di “Ossigeno per l’informazione”, osservatorio che si occupa di intimidazione e minacce verso i giornalisti, ha fatto il punto della situazione dal punto di vista legale sottolineando come “spesso in Italia non si concepisca ancora il valore della libertà di espressione e di opinione espresso dalla Corte di Strasburgo. Inoltre molti giudici del sud risultano impreparati nell’affrontare tematiche legate alle intimidazioni”.
Luigi Lupo