Le conseguenze giuridiche delle fake news

Cos’è la verità? Partendo da questa difficile domanda, Giovanni Battista Gallus,  ex presidente del Circolo dei Giudici Telematici , professore della Cattedrale Informatica Giuridica di Milano e ovviamente avvocato penalista; insieme all’avvocato Francesco Paolo Micozzi, cerca di dare delle risposte a ciò che riguarda le fake news e le loro conseguenze giuridiche.
Il problema è gigantesco non solo per le difficoltà dell’universo telematico, ma anche per l’ontologia stessa della parola verità. Saper distinguere la “verità” dalla “menzogna” richiede già delle abilità e delle conoscenze non indifferenti, ancora di più se ci troviamo di fronte all’immensità di notizie a cui siamo sottoposti ogni giorno.
Oscar Wilde scriveva: “La verità è raramente pura e mai semplice.”. Addirittura nel romanzo di storico 1984 Orwell prevedeva già attraverso la cancellazione del passato e l’ortodossia, la famosa formula “the lie became the truth “.
Gallus dimostra che, dal punto di vista della normativa penale, già esiste una moltitudie di atti e di leggi che tutela il lettore dalle notizie deliberatamente false: secondo Normattiva, una banca testuale dove sono memorizzate tutte le leggi della Gazzetta Ufficiale, più di ventimila leggi e più di centomila atti. Dunque è inutile affermare che oggi, in Italia, ci sia un vuoto normativo, perché le leggi ci sono, anche troppe. Il problema sta nell’applicarle e soprattutto nella grande ambiguità e nelle interpretazioni plurime, amplificate dalla rete telematica.
Facile quindi ricorrere all’articolo 658, 656, 661 del Codice Penale,  dove si denuncia il reato di “Procurato allarme presso l’autorità”,  “la pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico” e “l’abuso della credibilità popolare”. Non solo, la tutela è prevista anche a livello finanziario, nell’articolo 501 per “il rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio”. E anche riguardo casi di razzismo, l’ articolo 3 della legge di ottobre del 1975, numero 654 in seguito alla chiusura del sio online “senzacensura.eu” e a livello elettorale: l’articolo 97 DPR del 30 marzo d3l 1995,numero 361 che prevede provvedimenti nei confronti di notizie che impediscono di esercitare liberamente il diritto di voto.
Micozzi segue invece con l’analisi della norma futura sulle fake news: il disegno di legge Gambaro S2688 fermo al senato. Un’ulteriore legge, quasi del tutto inutile, che non fa altro che confermare quelle precedenti e creare ulteriore ambiguità nell’utilizzo di internet, negando in effetti i pregi tanto venerati nelle sue premesse. Una legge che dovrebbe proteggere ulteriormente dalla diffamazione, la quale materia è già disciplinata nell’articolo 595 del codice penale; che dovrebbe ribadire il diritto di rettifica e che introdurrebbe l’obbligo di dichiarazione di nome, cognome, domicilio, codice fiscale e indirizzo di posta elettronica certificata per chiunque voglia aprire un blog. Il divieto assoluto quindi dell’anonimato, che però è stata una delle caratteristiche principali della circolazione di notizie, soprattutto nei regimi totalitari.
Essa proporre inoltre l’aspirazione a un monitoraggio in realtà pressoché impossibile da realizzare, a meno che non venga formulato un algoritmo preciso. Il controllo delle informazioni è sempre stato determinante, ma la sua effettiva possibilità è inversamente proporzionale al numero delle fonti d’informazione.
Come muoversi allora? Ulteriori leggi, col pericolo di censura dietro l’angolo; o un’incremento dell’educazione delle persone  (soprattutto giovani) alla rete? L’attenzione maggiore viene posta proprio su questo ultimo punto, dove gli avvocati richiamano a un forte bisogno di educare le masse a capire quanto possa essere veritiero ciò che noi leggiamo su internet, le notizie e le conoscenze. L’informazione e la comunicazione hanno come obiettivo principale proprio questo: la capacità critica dell’individuo e la sua crescita intellettuale. Al posto di tutele su tutele che lo limitino, le vere armi della democrazia possono identificarsi anche in strumenti e insegnamenti che permettano al cittadino consapevole  di distinguere il vero dal falso, l’esistente dall’inesistente, la conoscenza dall’ignoranza.

Cristiana Santoro