Marò, Abu Omar, Datagate. Diritto di cronaca e legalità. Informazione tossica e il segreto

Perugia, 3 maggio 2014 – Operatori del diritto e reporter, segreti di Stato e informazione a confronto in un incontro sui grandi casi di portata internazionale che hanno interessato il giornalismo italiano negli ultimi anni. Al Teatro della Sapienza – coordinati dal giornalista di La7 Massimo Mapelli – hanno affrontato il tema del rapporto tra diritto di cronaca e legalità il procuratore militare Marco De Paolis, la professoressa Angela Del Vecchio dell'Università LUISS, Guido Carli, il giornalista Mediaset Toni Capuozzo, il procuratore capo di Forlì Sergio Sottani e il corrispondente dell'emittente tedesca RTL Udo Gumpel.

I protagonisti dell'incontro si sono confrontati sul caso dei Marò, i fucilieri della Marina Militare italiana arrestati il 15 febbraio 2012 al largo della costa del Kerala, in India, con l'accusa di avere ucciso due pescatori indiani. Con toni diversi, derivanti dalle differenti competenze professionali, i partecipanti al dibattito hanno sottolineato i problemi nella ricostruzione dei fatti, gli errori commessi dalle autorità indiane e quelli delle istituzioni italiane, alla ricerca di una ricostruzione giuridica e fattuale ancora mancante che, con il passare del tempo, si fa sempre più difficile.

A rendere ancora più intricata la crisi diplomatica concorrono i dubbi sulla competenza a giudicare delle autorità indiane, il tentativo di tutela degli scambi commerciali tra Italia e India, la posizione equivoca della diplomazia italiana, le pressioni in periodo elettorale del partito di Sonia Gandhi. Gli errori sono tanti e commessi da ogni parte, Udo Gumpel sottolinea che in una situazione così farraginosa il ruolo del giornalista è quello di raccontare la situazione e i punti di vista, al fine di insinuare il dubbio e sollevare le giuste domande. È lo stesso procuratore militare De Paolis ad ammettere che la verità è ancora distante: "Persino io, che ho aperto un fascicolo sul caso e ho avuto accesso a tutti gli atti dell'inchiesta, non sono in grado di dire se siano colpevoli o innocenti" ha affermato.

C'è stata informazione "tossica" nel caso Marò? Toni Capuozzo ha risposto di no, sostenendo che piuttosto c'è stato un grande silenzio. "Sappiamo tutto dei casi di Avetrana e Cogne, ma nessun grande media ha intervistato le famiglie dei pescatori uccisi, o gli altri 9 pescatori che erano a bordo della barca. Era giorno o era buio? Le ricostruzioni italiana e indiana, al proposito, collocano gli omicidi a orari diversi. Qualcuno è andato là a cercare i fatti? La grande informazione, insomma, non ha fatto inchieste vere. La tossicità è forse quella del cloroformio, che ha portato a una dormita collettiva. Nessuno ha fatto bella figura". Anche la politica ha le sue responsabilità, secondo Capuozzo: "Questa storia non torna comoda a nessuno, destra, sinistra o centro. Non porta voti, quindi è stata fatta consapevolmente passare sotto silenzio. E i media, colpevolmente, sono rimasti zitti".

I protagonisti del dibattito si sono anche confrontati sul caso del rapimento dell'imam milanese Abu Omar da parte della CIA nel 2003, su quello di dossieraggio ai danni di magistrati e giornalisti che vide coinvolti Pio Pompa e l'allora capo del SISMI Nicolò Pollari, sul rapporto tra media e potere. La riflessione ha avuto un esito piuttosto amaro: il diritto e l'informazione, a volte, sembrano inermi di fronte al potere dello Stato. Ma la conclusione è stata all'insegna della speranza: la recente decisione del Governo di rendere pubblici i documenti e gli archivi relativi alle stragi della storia italiana contribuirà all'accertamento della verità? "Chi vivrà, vedrà", chiude Mapelli.

Andrea Fiorello