Buona parte del dibattito online su giornalismo e dintorni di questa settimana si è esercitato sull'annuncio della nuova strategia "NYT Everywhere" del New York Times. A partire da giovedì infatti gli utenti Flipboard, fortunata free app che aggrega i feed in formato magazine-like per Apple e Android, possono sottoscrivere il proprio abbonamento alla testata americana direttamente da questa applicazione. E la notizia, in qualche modo, ha la sua rilevanza: è la prima volta che il Times lascia che gli utenti possano leggere i contenuti da “terze parti”, e non soltanto dalla versione desktop o dall'applicazione dedicata. Secondo, c'è da ricordare come nell'approccio al mercato online la testata sia storicamente promotrice del filone di pensiero "gratis un corno": quello del NYT è stato il primo sito ad introdurre l'uso di un paywall che costringe l'utente a una visione solo parzialmente gratuita dei contenuti. Cosa che è stata adottata, dunque, anche per gli articoli su Flipboard: la loro consultazione sarà comunque soggetta a pagamento, ma la novità figlia dell'accordo fra il giornale e la start up sta nel fatto che sottoscrizione e conseguente lettura avverranno semplicemente attraverso quest'ultima, senza passaggi da un’applicazione ad un’altra. E che i ricavi, provenienti dalle inserzioni pubblicitarie inserite su Flipboard, verranno divisi fra le due parti.
Ad un anno dal debutto, il sistema “paywall” sembra cominciare a funzionare, avendo già garantito al gruppo circa 500 mila abbonamenti. L'idea, adesso, è accompaganre il lettore ovunque - da qui "Nyt Everywhere” - accomodando le sue abitudini - un po', è stato notato, come per i servizi per tablet e smartphone forniti dalle tv satellitari. Ma anche un esperimento: una delle ragioni di questo accordo è spiegata dalla general manager del sito del NYT Denise F. Warren, come riportato su uno dei blog della testata, Bits: «Abbiamo capito che c'era l'opportunità di dar vita a questo tipo di accesso per gli utenti abbonati, e abbiamo pensato che fosse qualcosa da provare e vedere la loro reazione». Aggiungendo qualche dato: già il 20% degli abbonati legge contenuti web aggregati e filtrati da strumenti come Flipboard.
Da qui il dibattito su opportunità e criticità della trovata. Moderatamente ottimista Mathew Ingram su GigaOm: «Segnale incoraggiante da un media player originale che cerca di adattarsi a un nuovo modello, malgrado i ricavi non si prospettino esorbitanti. Per lo meno a breve termine». Da encomiare, secondo Ingram, il fatto che sembra che la testata intenda riconoscere all’utente la voglia di scoprire contenuti e in un modo nuovo, diverso dal classico meccanismo “cerca-notizia-su-homepage”. Seguire le orme di GoogleNews, dei simil-Flipboard, dei social media, e farne anche un mezzo per invitarli ad acquistare contenuti, raggiungerli sui loro divani e incentivarli all'abbonamento - il famoso "cappio di velluto" della settimana scorsa. Insomma, una mossa coraggiosa, se si considera l'atteggiamento di testate come Wired («Se gli utenti vogliono interagire con noi trovano già un sito») e New Yorker (che ha limitato i contenuti su Flipboard per paura che l’applicazione dedicata potesse diventare inutile) nei confronti delle aggregator app. E che traccia forse un nuovo corso per la testata, ripensando al recente accordo stipulato con BuzzFeed per la copertura video della campagna elettorale del 2012.
Più critico Peter Kafka su AllThingsD: idea "non cattiva", ma i dubbi sui benefici restano. Del tutto ignoti, dice, i pro che dovrebbero derivare da un accordo del genere, partendo dal presupposto che il sistema "Tv Everywhere", preso a modello, permette di consultare contenuti ovunque, lontani da salotti, divani e televisori. Cosa che il NYT, attraverso il sito mobile e l'applicazione per iOS e Android, fa già indipendentemente da Flipboard. Lo stesso anche per quanto riguarda i contenuti per non abbonati: assaggi di articoli gratuiti, proprio come per la versione free dell'applicazione per iPad, con la differenza che i ricavi pubblicitari verranno spartiti proprio con Flipboard. A sostegno dell'accordo, comunque, viene segnalato il buon momento dell'applicazione “sfogliabile”: si parla di otto milioni di download da gennaio, ed è stata rilasciata di recente una versione per Android che sembra - per ora - essere all’altezza di quella per i dispositivi Apple.
Alleanza vantaggiosa soprattutto per il social magazine? L'irriverente intervista di Alexia Tsotsis al Ceo di Flipboard Mike McCue su TechCrunch non smentisce affatto questo sospetto: la posizione di intermediario tra utente e editore, regolata da termini specifici con le testate, rappresenterebbe un modello da seguire convinti: «Continueremo a innovare insieme e lavoreremo insieme a un modello», spiega McCue alla co-founder del sito. Che farcisce l'intervista di frasi del tipo «New York Times, you’re still worth less than Instagram. Hahahahhaha, lol» e chiusure come «Crepate, old media. E fatelo pian pianino, perché (chiaramente) vi odio».
Modello o meno, a poche ore dall'annuncio del NYT è stata varata una nuova alleanza “vecchio-nuovo media”: si tratta del lancio delle Premium Sources del concorrente dello stesso Flipboard, Pulse. Altro aggregatore, altra testata storica: stavolta è il Wall Street Journal a tendere la mano e a offrire agli utenti dell'applicazione dei prodotti dedicati. Ma in modo diverso: il modello è quello della suddivisione per "fasce", tre diverse offerte, prezzi diversi - 3 dollari e 99 al mese per il Political Report, stessa cifra per il Technology Digest, 0,99 cent per Water Cooler, una selezione di editoriali. Così, analizza Jeff Sonderman su Poynter, «un lettore che usa l’abbonamento Pulse può leggere contenuti su politica, o tecnologia, a 47,8 dollari all’anno, l’82% in meno dei 259,48 del costo annuale di un abbonamento full al sito o all’app del WSJ».
I ricavi, dunque, arriverebbero dagli abbonamenti sottoscritti, diversamente dal modello ad-based di Flipboard. Una scommessa. Interrogata da Ingram su Twitter, la Director of Business Development di Pulse Cristina Cordova ha infatti spiegato che la logica è aiutare il Journal a far crescere i ricavi tratti dagli abbonamenti e trarne a loro volta profitto - cosa che in casa Flipboard, a leggere da Bloomberg.com, viene vissuta con un certo scetticismo.
Ingram, comunque, chiude post e dibattito comparando i due modelli, e traendone spunti per una discussione più generale: i differenti percorsi intrapresi da WSJ e NYT - scrive - «simboleggiano il dibattito in corso nell’industria dei media in merito a quale modello sia più propenso a salvare il news business - abbonamenti al paywall o pubblicità? Se il NYT continua ad avere un paywall, rimane la possibilità di trarre vantaggio dalla piattaforma di distribuzione di Flipboard per sperimentare quanto offerto dalla pubblicità mobile. Il Journal, tuttavia, sta chiaramente scommettendo sui contenuti su abbonamento forse, in parte, perché le notizie a carattere finanziario sono tra i pochi contenuti che fonti come WSJ, Financial Times o Economist possono distribuire sotto pagamento dei lettori».
Intanto, conclude Ingram, Flipboard e Pulse lavorano alla costruzione di quella che potrebbe diventare la “biblioteca” dei magazine digitali. Facendo allo stesso tempo da partner e da concorrenti ai loro clienti-editori.