Odio politico online ed estremismi

Ungheria, Usa, Francia, Norvegia, Indonesia, Polonia, Sudafrica, Germania. Questi gli stati che forniscono spunti attuali e dai quali si è partiti per discutere di “Odio politico online ed estremismi” nell'omonimo incontro law & order di stamani, 11 aprile 2018, nell'ambito della XII edizione del Festival Internazionale del Giornalismo, a Perugia.
Giovanni Ziccardi, dell’Università degli Studi di Milano, ha spiegato come l’odio politico vanta una lunga tradizione, ben precedente alla diffusione dei social network, delle grandi piattaforme e dell’avvento delle forme di comunicazione e di propaganda online.
Il primo caso analizzato è stato quello dell'Ungheria, tenuta in questi giorni sotto controllo e richiamo dalle Nazioni Unite. Il tutto in un quadro legislativo già rigido, con una legge di un anno fa che facilita le espulsioni anche dei richiedenti asilo.
Per quanto riguarda l’Usa, Zuckerberg al Senato ha dichiarato di contare molto sull'uso dell’intelligenza artificiale per controllare i contenuti d'odio sul suo sito, ma che questa purtroppo non funziona bene per identificare le espressioni di odio. Il suo mea culpa: “Facebook non ha fatto abbastanza per prevenire che i suoi strumenti fossero usati per scopi dannosi.”
Marine Le Pen, in Francia, è stata indagata per avere pubblicato foto di esecuzioni Isis, contravvenendo al reato di “diffusione di immagini violente”. Per tale crimine si rischia una sanzione di 75,000 euro e tre anni di reclusione.
In Norvegia il codice definisce reato il minacciare o insultare qualcuno, o incitare odio o persecuzione o disprezzo a causa di: colore della pelle o origine nazionale o etnica; vita religiosa o atteggiamenti di vita; omosessualità, stile di vita, orientamento.
A Giacarta, in Indonesia, si combattono le fake news e le espressioni di odio con la contronarrativa, attraverso diversi sforzi da parte della società per far rispettare il principio di base della Nazione “uniti nella diversità”.
In Polonia, l’Holocaust law sembra volta usare la scusa dell’hate speach per criminalizzare le minoranze. Viene quindi usata al contrario poiché di solito queste leggi sono emanate per proteggere le minoranze.
Importante il caso del Sudafrica, in cui una donna, Vini Momberg, è stata la prima persona condannata e incarcerata per “hate speach interpersonale”, in quanto ha aggredito un poliziotto con epiteti razzisti ed è stata ripresa.
In Germania sembra che si ridimensionerà la legge dello scorso anno. La normativa richiede che le social media company rimuovano rapidamente l’hate speach dai loro siti e piattaforme. Il nuovo governo che si sta formando ha annunciato di volerla emendare per aiutare gli utenti del web a far  sì che il materiale cancellato per sbaglio sia di nuovo rimesso online.

Catia Marcucci