Per chi è stanco di farsela raccontare – presentazione di E

È vero che per valutare il successo di un periodico bisognerebbe aspettare almeno fino al quarto - quinto numero, ma il tutto esaurito delle 200 000 copie del primo esemplare di E (così come la richiesta, da parte dell’editore, di una tiratura analoga per  il secondo numero) lascia ben sperare. Il mensile di Emergency lancia così un segnale forte a chiunque si ostini ad invocare la morte dalla carta stampata.

Per il condirettore Maso Notarianni e per il redattore Gabriele Battaglia, la pagine possono trasmettere - anche attraverso una veste grafica che non si limita ad essere un bel contenitore, ma che è parte integrante del pregio editoriale – un’analisi ricca e accurata con cui informarsi su quello che succede in Italia e nel mondo. Uno sguardo intelligente in cui, oltre alla notizia in sé, si cerca di scoprire a approfondire le idee, gli interessi e i progetti che costituiscono la base dei tanti dati riscontrabili nella realtà.

La capacità attrattiva di E non risiede solamente nel logo popolare a cui si riferisce o nella voglia dei lettori di sentir parlare d’altro, ma nel tentativo di proporre valori, oltre che nude informazioni. Valori chiamati in causa e tenuti a fornire una lettura quanto più seria e profonda possibile, soprattutto quando ci si deve confrontare con eventi drammatici – come succede oggi, con la notizia della morte di Arrigoni a Gaza.

Nel mensile trovano posto spunti diversi e molteplici, che affiancano le pagine di Peace Reporter – vecchio prodotto cartaceo di Emergency, incaricato di raccontare le azioni della ONG nei territori di guerra: notizie e immagini di paesi più o meno lontani (forse in controtendenza rispetto all’attenzione sempre più pigra che l’Italia rivolge all’estero), interviste, storie di vite stroncate e troppo spesso ignorate, inediti racconti d’autore e anche sguardi lucidi sulle novità che nel nostro paese possono ancora far sorridere e lavorare con ottimismo.

Perché in una società e in una nazione dove sempre più si celebrano il “fare” e il movimento, diventa un dovere creare occasioni per fermarsi a pensare, e non solo rivolgendosi ad un pubblico di nicchia. Una risposta a quei giornalisti che preferiscono accontentarsi del proprio ruolo di “cani da salotto” – piuttosto che da guardia. E una possibilità lanciata a quella parte di paese per cui una democrazia non si esaurisce nella possibilità dei cittadini di accedere al voto, ma in quella di scegliere conoscendo.

Letizia Giugliarelli