Perché la scienza non si comunica a suon di schiaffi

Ore 15 – Hotel Brufani, Sala Perugino

Il panel si svolge presso la Sala Perugino dell'Hotel Brufani, alle ore 15 di giovedì 12 aprile. L'introduzione è a cura di Antonio Scalari, giornalista e divulgatore scientifico che scrive per il blog Valigia Blu e da tempo si batte per stabilire un modello di comunicazione che renda la scienza un bene pubblico, non relegato a pochi esperti. A partire dal secolo scorso, infatti, la Big science ha iniziato a richiedere costosi investimenti da parte di enti pubblici e privati, coinvolgendo talvolta anche l'opinione dei non addetti ai lavori (i cosiddetti “analfabeti scientifici”) e di chi ha valori, ideologie e credenze in contrasto con la direzione delle ricerche. In altre parole, sono aumentati i “temi caldi” (nucleare, biotecnologie, vaccini) e al contempo sono aumentati gli interlocutori della scienza (industrie, attivisti, giornalisti, enti, fruitori dei servizi).

Proprio per questo motivo, sarebbe opportuno raggiungere un nuovo modello di comunicazione, che tenga conto del framing (un determinato tema assume per ogni individuo una portata differente) e permetta di modulare il messaggio affinché risulti efficace rispetto all'obiettivo: che sia di informare, influenzare il dibattito o semplicemente ottenere consenso.

Roberta Villa, medico e giornalista scientifico, argomenta il tema dei vaccini partendo da una questione: perché,  nonostante i dati parlino chiaro in merito al basso fattore di rischio dei vaccini, così tante persone sono scettiche nel sottoporvi i propri figli? La risposta risiede in un meccanismo innato, secondo cui gli esseri umani tendono ad amplificare la percezione del rischio quando ad essere coinvolti sono soggetti deboli (in questo caso i bambini) e ad identificare come più pericolosi prodotti di provenienza industriale (vaccini) rispetto ad agenti naturali (virus).

Di avviso analogo è Cristina Da Rold, che da anni si occupa di comunicazione in ambito sanitario ed interviene sul tema della percezione diffusa che alcune malattie possano essere relazionate all'immigrazione. Il suo obiettivo è prima di tutto restare fedele ai dati (data journalism), che sono uno strumento indispensabile per permettere a chi legge di strutturare una propria opinione. Siccome, tuttavia, spesso i lettori faticano a comprendere o si rifiutano di prestar fede a quanto riportato, Da Rold ritiene fondamentale mantenere aperto il dialogo, intervenire nella discussione con i propri lettori, moderando le loro affermazioni e traendo nuovi spunti di divulgazione.

La domanda con cui si conclude l'incontro lascia però la porta aperta sul futuro della comunicazione scientifica: alla gente interessa veramente conoscere la scienza o le persone cercano soltanto la conferma di essere dalla parte giusta?

Rebecca Mellano