Nell'estate del 2020, gli sguardi di tutto il mondo si sono riversati sul Minnesota, dopo l'uccisione di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis. Quell'attenzione, le proteste e le conversazioni che ne sono seguite hanno spinto a fare i conti a livello internazionale con il razzismo sistematico che ha sempre modellato le esperienze quotidiane delle persone.

Le conseguenze di quel periodo - l'analisi di chi detiene il potere, quali abusi sono stati commessi e quali opportunità sono state perse - hanno attraversato ogni settore, compreso il giornalismo. Ciò più di 50 anni dopo che il National Advisory Commission on Civil Disorders (la cosiddetta Commissione Kerner) ha denunciato la mancanza di diversità nei media e la complicità nel mantenere sistemi di oppressione: "Insieme al paese nel suo complesso, la stampa si è crogiolata troppo a lungo in un mondo bianco... Il doloroso processo di riadattamento che è richiesto ai media americani deve iniziare ora".

Le redazioni devono ammettere e affrontare il razzismo istituzionalizzato all'interno dell'ambiente, del luogo di lavoro, nel modo di coprire le notizie e di rappresentare le comunità. Va messa in campo una profonda capacità di ascolta, la disponibilità nel sentirsi a disagio, un impegno a tutto tondo nel lavoro antirazzista e nei principi di giustizia, diversità, equità e inclusione (JEDI) sia in redazione, sia verso le comunità servite.

Guidata dalla cofondatrice della Canadian Journalists of Colour, Anita Li, e dal vicepresidente della Southern California Public Radio, Ashley Alvarado, il panel fornirà strumenti e risorse pratiche da portare nelle redazioni.

In collaborazione con Online News Association.

 

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