Ore 16.00 - Sala dei Notari
Raccontare i grandi miti del ciclismo italiano, sui percorsi della “montagna”, partendo dagli albori del Giro d’Italia. Quando ancora i tour ciclistici previsti dalla competizione presentavano condizioni proibitive, per i giornalisti sportivi raccontare le imprese dei corridori, in lotta anche con la sorte e con l’imprevedibilità, diventava esilarante. Sulle Dolomiti poi, nel 1940, Bartali e Coppi regalavano l’immagine più bella di questo sport: un antico Fair Play fra due campioni che, stremati, si incitano per risalire la cima. E proprio quando Bartali prende per mano Coppi, quest’ultimo vince il tour.
Ma gli ultimi anni del ciclismo sono stati infangati dall’ombra del doping, un’ombra che sembra non voler lasciare questo sport. A 10 anni dalla sua morte, Marco Pantani rivive nella memoria del prossimo giro, che a lui sarà dedicato nell’anniversario della tragica morte. Marco Pastonesi, giornalista della Gazzetta dello Sport, ne traccia un profilo umano straziante, ma straordinariamente vivo:“Pantani era uno scalatore che puntava alla leggerezza, alla volatilità, aspirava alla solitudine (dei vincenti) e sfidava la gravità. Pantani era un uomo solo, come alla fine della sua breve vita. Una solitudine umana, sociale, in un periodo storico in cui il doping aveva inquinato tutto il ciclismo. E’ stato breve il passo verso la droga”.“Pantani - prosegue Pastonesi - si circondava solo di gente dall’accento Romagnolo, eccetto il caso di Brignoni, il gregario senza alcun titolo, che quando il suo capitano morì lasciò il ciclismo, perché questo sport, senza il pirata, smetteva di avere un senso”.
All’incontro ha partecipato anche Claudio Gregori: tra i tanti aneddoti raccontati, quello su Bartali e il suo rapporto straordinario con la fede, che faceva imbestialire Mussolini, specie quando il ciclista dedicava le sue vittorie alla madonna di Lourdes e non al duce. Mentre sul doping: “c’è bisogno di una legislazione severa, altrimenti nulla potrà cambiare”.
Infine la steccata di Pastonesi: “Non c’è più cronaca, come avveniva una volta, non si approfondisce più la notizia, semplicemente si butta giù tutto ciò che circola già su internet”.
ROBERTO FAZIO