Luciano Capone giornalista; Ettore Capri professore Università Cattolica; Salvatore Parlato CREA; Antonio Pascale giornalista e divulgatore scientifico; Deborah Piovan Confagricoltura; Roberta Russo responsabile comunicazione AIDEPI; Donatello Sandroni giornalista e divulgatore scientifico; Luigi Radaelli Syngenta
Ore 12 – Sala delle Colonne, Palazzo Graziani
È sempre “tutto oro” il cibo italiano? Da dove arriva ciò che mangiamo? Tante le risposte che i relatori di questo panel hanno dato ai dubbi su quello che viene definito “Made in Italy” e alle fake news che su questa etichetta si sono affermate nell’opinione pubblica. Il “Made in Italy” non è un concetto vago, risponde a delle regole ben precise e possono essere definiti italiani anche tutti quei prodotti che in Italia vengono sottoposti solo all’ultima fase di lavorazione. Siamo il paese che produce la migliore pasta al mondo (anche se altri paesi cominciano a farci concorrenza, come la Turchia), con trecento tipo di formati diversi sul mercato e una tradizione ormai secolare. Eppure, è doveroso sapere che, uno dei nostri migliori biglietti da visita gastronomici, è prodotto in parte con grano importato dall’estero. Si può definire italiana, anche una pasta prodotta con parte di grano importato: non è discriminante il paese di provenienza, ma la qualità. Alcuni grani che importiamo, hanno un valore proteico più alto rispetto ai nostri e se miscelati la qualità migliora. Una tradizione che permane da secoli, quella dell’importazione del grano, tanto che una nota azienda di pasta, ne ha fatto il proprio logo: sulla confezione si può notare un veliero che rappresenta le importazioni di grano e non a caso i migliori pastifici sono nati proprio nelle città vicino al mare. Se il secolo scorso, il grano importato era il 70%, oggi la percentuale è capovolta e le importazioni sono circa il 30%.
L’Italia gode di un sistema di regole di sicurezza alimentare che l’estero ci invidia e tutti i prodotti utilizzati (anche esteri) devono rispettare questi canoni.
Nella seconda parte del panel, si entra nel vivo delle fake news e in particolare del caso mediatico del Glifosato, utilizzato in agricoltura e al centro delle ultime cronache. Ma si tratta di un vero allarme o di semplice disinformazione? Donatello Sandroni fa sapere che lo possiamo trovare dappertutto, ma a dosi bassissime e quindi non nocive alla salute (molto più tossico l’alcool e l’ibuprofene, ad esempio): per raggiungere la soglia di sicurezza, dovremmo mangiare trecento chili di pasta al giorno. La colpa quindi, della “paura Glifosato” è stata soprattutto dei media che non hanno contestualizzato l’allarme e da questo si sono generate fake news sul tema.
La discussione poi, versa sulle biotecnologie. Che sono indispensabili per migliorare la qualità dei prodotti. Come ha fatto notare Antonio Pascale “bio e biotecnologie sono amici, fratelli e non nemici e sono la scienza del futuro”. Nel corso del tempo, hanno permesso l’evolversi delle produzioni e da uno stadio di mancanza di cibo, malattie e morte, si è giunti a produzione per tutti e vita. È importante però che il tutto sia accompagnato da buona informazione e sviluppo del senso critico.
Benedetta Baronti