SCRIVERE DI MAFIA GLOCALLY

È possibile parlare di mafia a livello europeo? Questo il tema al centro della discussione dal titolo “Scrivere di Mafia glocally” tenutosi oggi alle ore 11.30 presso la Sala del dottorato. Ad intervenire durante il dibattito, alcuni dei più esperti nel campo del giornalismo di inchiesta mafiosa, che hanno discusso delle varie forme di mafia presenti non solo nel nostro territorio italiano, ma anche in altre realtà europee. Si è discusso di crimine organizzato, di Panama papers ma soprattutto di alcune realtà territoriali mafiose che necessitano di essere efficacemente descritte. “Ma la mafia italiana non è presente solo in Italia, ed è per questo che si necessita di un discorso e soprattutto di un lavoro molto più esteso, a livello transnazionale” ha affermato Giulio Rubino -co-fondatore IRPI- sostenendo l’importanza di una visione più ampliata del discorso mafioso. Franco Castaldo –fondatore e direttore di “Grandangolo”– ha a sua volta dichiarato che vi è un filo conduttore tra la mafia tedesca e quella agrigentina, di cui è uno degli esperti più importanti in Italia. A sua volta Claudio Cordova – direttore e fondatore de “Il dispaccio”- ha trattenuto il pubblico con un interessante dibattito circa la realtà mafiosa calabrese e dei continui soprusi di cui è stato vittima a causa del suo impegno giornalistico improntato a far luce su vicende territoriali scomode. Tra gli ospiti, Craig Shaw – del Center for investigative journalism – ha posto l’accento sull'importanza di conoscere a fondo le varie forme di criminalità organizzata, sia italiana che estera, come nel caso della mafia in Africa, che riesce a penetrare all'interno dell’economia africana. Egli ha inoltre dichiarato l’importanza che i database ricoprono nella ricerca di documentazioni spesso necessarie per indagini a livello statale; a tal riguardo i database sono spesso impossibili da raggiungere, e per questo Craig Shaw suggerisce che l’unico modo per ottenerle sia quello di adoperare aiuti esterni, come nel caso di quelli americani. Andrea Iannuzzi ha infine esposto il suo progetto dal titolo “confiscati bene”, un sito web ma che vuole anche essere un modello di giornalismo partecipativo che indaga la questione dei beni italiani confiscati dalla mafia.

Mohamed Maalel