SOTTO PRESSIONE: LA SFIDA DELLE MACCHINE DI PROPAGANDA AL GIORNALISMO

Sembra assurdo parlare di libertà di stampa nel 2017 eppure in molti paesi questo è un problema con cui i giornalisti devono rapportarsi ogni giorno.
Tamas Bodoky, Maria Stepanova, Dan Gillmor e Rachael Jolley di questo hanno parlato venerdì pomeriggio a Palazzo Graziani.
Tutti gli ospiti del panel provengono da paesi in cui negli ultimi anni la pressione dei governi sui media è diventata sempre costante. Tamas Bodoky ha spiegato che agli inizi degli anni ’90 la stampa ungherese si opponeva al regime diffondendo i principi democratici, ma poi dal nuovo millennio l’ingerenza politica si è fatta sempre più forte e gli investitori stranieri hanno abbandonato le testate ungheresi che oggi, quando non sono di proprietà dello Stato, gravitano intorno a imprenditori legati al potere centrale. Bodoky ha cercato di applicare nel suo paese un sistema di giornalismo investigativo già usato all’estero e così ha fondato l’organizzazione no profit Atlatszo.hu, che oggi raccoglie cinque freelancer. In questo modo, ha spiegato, i giornalisti stessi sono i proprietari della testata e dunque non devono sottostare ad alcuna logica di potere.
Da un’esperienza di giornalismo indipendente viene anche Maria Stepanova, in Russia ha fondato dieci anni fa la piattaforma Colta.ru, prima e unica testata che si basa sul sistema del crowdfunding. Inizialmente il quotidiano si occupava principalmente di tematiche culturali, ma la cultura è strettamente legata alla politica e da lì a essere tacciati di attivismo il passo è breve.
Secondo la giornalista russa sono due i fenomeni più frequenti, l’oscuramento delle pagine web e l’autocensura indotta dal governo.
Anche Dan Gillmor, dell’Università dell’Arizona, è preoccupato che i valori di libertà che hanno costruito gli Stati Uniti stiano venendo meno e che questa politica di controllo possa essere imitata anche da altri Paesi.
Uno spiraglio per il giornalismo indipendente è sicuramente rappresentato dal web e dalla sua capacità di diffusione. “Io ritengo che per noi le nuove piattaforme siano molto utili” ha detto Bodoky “certo si intravedono dei pericoli ma considerata la situazione attuale ungherese le piattaforme sono fondamentali per far circolare le notizie. Il servizio pubblico ignora le nostre storie che invece diffondiamo tramite i social”.
Negli ultimi sei mesi, ha detto Rachael Jolley, è aumentato il numero di abbonamenti ai quotidiani che si occupano di giornalismo investigativo, e questo è un grande segnale di speranza perché le persone hanno capito che un lavoro serio e di qualità va’ pagato.

Alessia Sirci