Tolleranza Zoro

È arrivata la Z di Zoro al Festival del Giornalismo di Perugia. Uno Zoro, in arte Diego Bianchi, irriverente, simpatico, energico, frizzante, dissacrante, ironico, ma, soprattutto, intelligentemente divertente. Una serie di clip, filmati a metà strada tra il documentario e l’inchiesta, tra la narrazione cinematografica, delle volte amatoriale, e il giornalismo. Ha girato l’Italia seguendo i fatti di cronaca più rilevanti riuscendo a filmare in pochi minuti la complessità umana che c’è dietro a certi episodi. Come lo sbarco di Tunisini a Lampedusa, la tendopoli di Manduria, la Fiat di Mirafiori la sera in cui comparve sui quotidiani lo scandalo Bunga Bunga. La tragicità che si stava consumando in una delle maggiori fabbriche italiane tutt’ad un tratto non era più notizia. Ed in quel video Zoro inserisce 3 universi tra loro distanti ma non per questi non comunicanti: Ruby, gli studenti in piazza per difendere il diritto allo studio e gli operai costretti a votare il piano Marchionne.

Dietro al divertimento, il giovane romano, collaboratore per la trasmissione di Rai3 “Parla con me”, sa inserire la cronaca, le persone che vivono sulla loro pelle il disagio. E si scopre che c’è sempre un lato positivo.

Uno degli aspetti curiosi della proiezione di sabato è stato l’uso di inquadrature dall’alto. Queste inquadrature dalla televisione creavano un effetto buffo su i due leader italiani Bersani e Berlusconi. Dopo il filone immigrazione, il settore politico: immancabile il racconto della giornata del 14 dicembre 2010. «Ho avuto solo un giorno e mezzo per le riprese e il montaggio – spiega Zoro – e il bello è che dovevo immaginare due finali. Il video avrebbe dovuto essere pronto per la sera del 14. E non si sapeva ancora come sarebbe andata a finire la votazione! In quel filmato sono arrivato a interpretare 11 personaggi».

Una satira mai eccessiva, un divertimento per chi vede e chi costruisce questi corti. Con la consapevolezza che «se vivevamo dall’altra parte del mare, tutti ‘sti problemi non ce l’avevamo». L’accento romano è inconfondibile.

Valentina Pagliacci