Trasmigrazioni

Viaggio di un migrante

Racchiuse in suggestive fotografie, nella mostra di Rocca Paolina sono raccontate incredibili storie. Le immagini mostrano la vita e il disagio nelle zone più povere dell’Africa…e l’Odissea che centinaia di persone compiono ogni giorno per coronare un sogno: raggiungere la Libia e di lì le coste europee. In Nigeria c’è miseria, arretratezza, corruzione, nonché problemi per l’inquinamento prodotto dallo sfruttamento petrolifero. Il 49% della popolazione ha meno di 15 anni, e il tasso di fertilità è tra i più alti del mondo, con in media 7,2 figli per donna. Il lavoro manca, la ricchezza anche, molti ragazzi passano la notte nelle discariche e bruciano la spazzatura dopo aver deciso cosa si può mangiare. Nei Paesi Africani a un caldo torrido si accompagnano forti precipitazioni. In Burkina Faso il terreno non riesce a trattenere l’acqua, questo provoca allagamenti, non permette la circolazione di quei pochi veicoli, in prevalenza carretti, che trasportano i lavoratori da un villaggio a un altro. C’è chi si offre di spostarli  e chiede 20 euro, la metà di uno stipendio. Ci sono ONG ad esempio Iris Afrik che aiutano vedove e famiglie attraverso programmi internazionali che prevedono microcredito e avvio al commercio, ma governi corrotti e multinazionali senza scrupoli giocano la loro parte. Gli africani nelle piantagioni di proprietà delle aziende statali partecipate da multinazionali guadagnano 60 centesimi dopo 6 ore di duro lavoro. Le piantagioni di cotone e canna da zucchero provocano la desertificazione del terreno, i contadini in pochi decenni non hanno più terre fertili. L’irrigazione è effettuata da pozzi profondi, che prosciugano quelli dei villaggi limitrofi. Sarà per questo che molti vogliono un cambiamento? E non potendo mutare la situazione del loro Paese abbandonano famiglia e amici per partire verso terre sconosciute. Le immagini mostrano scritte sui muri che indicano la provenienza, le speranze, i sogni di chi le ha lasciate. Camion adibiti al trasporto di cipolle caricano quest’enorme massa di migranti. Un giovane ricorda che di 180 passeggeri otto sono morti per aver bevuto acqua non potabile. I pozzi costruiti da una ONG spagnola per far rifocillare chi aspetta ore sotto il sole cocente del deserto prima di muoversi, sono stati delimitati da pneumatici e lamiere. Tanti vi hanno poi buttato dentro i loro rifiuti, e l’acqua non si può bere. Da camion e treni gli emigranti si affacciano e contrattano con improvvisati venditori ambulanti in cambio di acqua, pane e ciò che è indispensabile per sopravvivere in un viaggio di settimane, in cui per lunghi tratti le rotaie seguono un percorso scavato nella roccia. Dopo le rivolte Tuared in Air, Agadez è bloccata, ma non è difficile superare le barriere nel deserto, pagando ai militari dai 5000 ai 10000 CFA (7-15 euro) e 2000 CFA alla polizia. Così 300 poveri al giorno arrivano ad Agadez, e di lì si spostano in vecchi camion in condizioni disumane. C’è chi durante le soste lava le macchine, lavora come domestico o giardiniere. Qualcuno è finito in carcere, e racconta di celle sovraffollate, con gente malata e ferita. Quando un caravan parte da Agadez, contemporaneamente un altro lascia Dirkou per la Libia. Si evita il sovraffollamento ma frequenti sono i ritardi, chi è costretto a passare la notte nel convoglio difficilmente scende, per paura che possano derubargli i suoi pochi beni. I ricordi di questi ‘viaggi’ sono gli oggetti abbandonati dai camion di passaggio, le orme di cammelli mescolate a tracce di mezzi a motore, e la felicità per l’illusione di avere ormai trovato pace e ricchezza…

Lucrezia Alberti Corseri