17 aprile 2015, ore 12.00 – Sala Priori Hotel Brufani, Perugia
Interviene Avv. Matteo Jori, Università degli Studi di Milano
Il panel si è concentrato sugli User Generated Content (UGC) e i profili giuridici connessi al loro utilizzo nell’ambito della professione giornalistica e del diritto all’informazione.
L’avvocato Matteo Jori dell’Università di Milano ha iniziato l’incontro constatando l’utilizzo sempre più ampio che le agenzie stampa hanno fatto di questi contenuti a partire dal 2004. Ciò avviene perché in moltissime situazioni gli UGC rappresentano l’unica fonte del dato informativo necessario per diffondere una notizia, giungendo alle agenzie più velocemente dei contenuti professionali attraverso le molteplici possibilità date agli utenti dalle nuove tecnologie.
La definizione degli UGC è la prima questione da affrontare per capire quale sia il profilo giuridico applicabile ai contenuti usati nell’ambito dell’informazione. L’avvocato Jori spiega che non è indicativo soffermarsi su chi abbia prodotto il contenuto e sul fatto che non sia un giornalista professionista, poiché la legge guarda alla tutela del contenuto ed è su di esso che si fondano i sui profili di responsabilità per chi lo diffonde.
Le difficoltà con cui i giornalisti devono confrontarsi davanti all’uso degli UGC riguardano la verifica dell’autenticità e della fonte da cui proviene, il regime dei diritti in base ai quali può essere o meno redistribuito, i credits da riconoscere per la paternità del contenuto e le responsabilità che possono essere riconosciute a chi lo redistribuisce. Infine, si presenta la questione di valutare se specificare o meno che il contenuto che il broadcaster trasmette sia un UGC.
Le condizioni alle quali un UGC può essere riutilizzato devono essere rintracciate nei diritti di proprietà intellettuale, cioè nella normativa su copyright e diritto d’autore. Uno degli aspetti chiave di questa normativa è il modo in cui il diritto d’autore viene acquisito, poiché questo determina i diritti di trasferimento sul contenuto, spiega l’avvocato Jori. Quando un utente realizza un contenuto, se questo è idoneo a essere compreso nella tutela autoriale, l’utente è identificato come autore e quindi gli sono riconosciuti tutti i diritti contenuti nella normativa.
In seconda battuta, i contenuti possono essere redistribuiti con un trasferimento di diritti in capo all’autore, ad esempio quando viene richiesto il permesso di utilizzare il contenuto o questo viene distribuito già con una licenza d’utilizzo.
Nel primo caso, dice l’avvocato, è importante specificare l’uso che verrà fatto dell’UGC e il contesto nel quale sarà inserito. Mentre nel secondo caso, bisogna individuare correttamente il reale titolare del diritto d’autore sul contenuto, perché non sempre autore e titolare coincidno. Per una maggiore tutela nella redistribuzione inoltre, suggerisce l’avvocato, è importante che il giornalista che chiede il permesso di riutilizzo includa una clausola di “esclusione” in base alla quale l’utente che trasferisce i diritti sul contenuto garantisce di averli effettivamente prodotti e non copiati violando il diritto di terzi.
Nei social network, questo processo può avere implicazioni ulteriori. Il fatto che il contenuto sia stato messo su un social significa che alcuni diritti possano essere già stati ceduti nelle condizioni di utilizzo del servizio come avviene ad esempio per Twitter.
La disciplina italiana consente anche l’utilizzo libero degli UGC nella misura in cui la redistribuzione rientri nelle limitazioni al diritto d’autore previste dalla legge. Sono rilevanti per l’attività giornalistica, le eccezioni contenute nell’articolo 65 della legge sul diritto d'autore per le quali un contenuto può essere riutilizzato liberamente se riguarda fatti di attualità, se il riutilizzo avviene per un finalità informativa nell’esercizio del diritto di cronaca e se si cita la fonte originale del contenuto.
Mentre, circa la responsabilità del broadcaster che ridistribuisce un contenuto, specificare che si tratta di un UGC è un fatto di chiarezza verso il pubblico, ma, secondo l’avvocato, l’indicazione non è sufficiente per escludere forme di responsabilità del broadcaster per aver redistribuito quel contenuto. E’ sempre importante dunque, svolgere una seria attività giornalistica di verifica.
Laura Lisanti