“Ogni giorno muoiono 22.000 bambini per cause prevenibili. Vogliamo zero”. È questo lo sponsor della campagna pubblicitaria “Vogliamo Zero” che si pone l’obiettivo di finanziare i programmi dell’Unicef nei paesi in via di sviluppo e in quelli colpiti dalle emergenze. L’Unicef, come raccontato attraverso i vari incontri di Parla di me ha già accolto la sfida. Serve però l’aiuto di tutti. Servono informazioni, consapevolezza e anche donazioni. Questo è il tema centrale del workshop, intitolato Uso e abuso delle immagini dei bambini: quali immagini e quali bambini?, che si è tenuto questa mattina a Palazzo Bonucci, che ha avuto come protagonisti tre dei principali esponenti del progetto in questione. Fra questi Luca Catalano Gonzaga, fondatore Witness Image, Paola Riccardi, collaboratrice di Fotografi Senza Frontiere e Riccardo Venturi, fotoreporter.
Tema centrale del workshop è l’uso spregiudicato o quanto meno non autorizzato delle immagini di bambini per finalità di denuncia e raccolta fondi, la possiamo considerare accettabile oppure no?
Ad aprire l’incontro Gonzaga, che con la visione di numerose fotografie è riuscito ad attirare subito l’attenzione del pubblico con immagini cruente che evidentemente avrebbero suscitato forti emozioni.
La fotografia, continua Gonzaga, può mentire e dire la verità, perché in fondo si tratta di un concentrato di ambiguità per chi pensa che la capacità di documentare sia un dogma indiscutibile. Non sempre, continua Gonzaga, vedere bambini che soffrono significa catapultarsi in un’angosciosa realtà parallela, perché spesso i bambini del villaggio quando posano per le foto, sono emozionati nel vedere sia i fotografi che le macchine fotografiche, non essendo abituati alla visione di oggetti tecnologici.
Pubblicare immagini del genere, prosegue Gonzaga, non è affatto semplice per un fotografo. È fondamentale sapere cosa c’è avanti il proprio obiettivo, ponendosi dei canoni etici che ci impongano quali immagini pubblicare e quali no. La prima cosa che deve essere salvaguardata è la bellezza e l’armonia della persone fotografate. Per Gonzaga, la violazione dei diritti dei minori può essere rappresentata in altri modi, non serve divulgare immagini etiche che danneggiano la dignità di chi posa.
Successivo l’intervento di Riccardo Venturi, fotoreporter. Venturi riconosce subito la complessità di questo mestiere che dovrebbe avere come canone primario la discrezionalità, ma afferma anche che negli ultimi anni è un mestiere che ha subito forti cambiamenti logistici. Negli anni scorsi era possibile pubblicare di tutto, a discrezione del fotografo, oggi con l’introduzione della legge sulla privacy, lo stesso Venturi, afferma,che questa legge ha messo in crisi numerosi professionisti, dato che è poco praticabile sul campo.
Il discorso prosegue, Venturi, è disomogeneo perché ci troviamo di fronte ad una società contraddittoria dove la privacy è stata ormai messa “ sotto i piedi da anni”, dato che la maggior parte della persone pubblica il proprio privato costantemente su facebook. Il compito afferma Venturi: “è di vedere, guardare, fotografare. Sta poi alla mia etica decidere di trasmettere i miei scatti o meno”. Ci terrei comunque a sottolineare, continua Venturi: “il dolore non vende. Gli editori dei giornali sono stanchi di pubblicare sofferenze. Gli sponsor non pagano per essere messi alla pagina accanto di un bambino sofferente”. Nonostante le numerose critiche Venturi afferma che pubblicare le foto di bambini sofferenti per lui rappresenta soltanto l’eco di quello che vuole testimoniare.
Controverso il parere di Paola Riccardi, testimonial di “Fotografie Senza Frontiere”. Il progetto che la riguarda si occupa di formazione in aree critiche del mondo, cercando di inserire e di appassionare i bambini nel mondo della fotografia. Paola Riccardi afferma che l’abuso di immagini di bambini, nella comunicazione di massa, può essere sbagliata sia a scopo di persuasione positiva, sia volendo rappresentare un’immagine pre-confezionata e modificata e come tale subdola. Continua affermando che è l’uso stesso di bambini in foto a essere ad alto rischio. L’infanzia è un tema che ha peso per il pubblico, quindi pericolosa. Questa tema rappresenta un grande dibattito nel mondo della foto, perché pone i minori ad alto rischio , dato che sono muti e silenziosi e danno al fotografo per cui posano grande fiducia, sta quindi al fotografare stesso affidarsi alla propria etica e serietà.
Numerosi sono stati gli applausi della sala nel vedere le foto. Evidente è stata l’emozione del pubblico anche agli occhi dei protagonisti, che hanno esordito dicendo: “un buon fotografo sa stabilire una relazione empatica con il proprio soggetto, per noi è facile capire quanto il soggetto sia penetrato in quello che vogliamo rappresentare”.