La notizia si fa bella e ai lettori piace live

Il live blogging piace ai lettori, Storify si rifà il look e le notizie diventano ibridi tra grafica e testo. Intanto c'è chi chiude per sempre.

Questa settimana in RoundUp: i dati sui live blog del Guardian, che ottengono più contatti unici di articoli e gallerie fotografiche; il nuovo Storify, che ridisegna la propria homepage per farsi meno servizio e più 'media'; le innovazioni di ESPN, The Verge e Pitchfork, che propongono nuovi modelli di impaginazione per i testi; i dati di Tesco Magazine, la rivista gratuita distribuita nei supermercati che secondo una ricerca sarebbe diventata la testata inglese più letta, e infine l'ultimo numero del Financial Times Deutschland, che chiuderà il 7 dicembre prossimo.

di Vincenzo Marino

Il live blogging funziona, almeno sul Guardian

Nell'universo mediatico odierno, concentrato sulla sopravvivenza cartacea e la ricerca di una strategia economicamente efficiente sul web, sta diventando opinione piuttosto banale ritenere necessaria la ricerca di una nuova strada per il racconto delle notizie, alla luce dei nuovi strumenti messi a disposizione dalla tecnologia e dall'estensione delle connessioni veloci su più dispositivi. Naturale è quindi che nuove metodi per fare cronaca e copertura di eventi si impongano, fino a rendere quasi desueta la più classica forma testuale, la struttura quasi narrativa attraverso la quale i lettori, da secoli, giungono a conoscenza delle notizie riportate da giornalisti testimoni o informati. Capita così che secondo una ricerca di Neil Thruman e Anna Walters della City University London's Journalism School la struttura del live blogging emerga come la più consultata dai lettori e - sempre più spesso - quella preferita dalle redazioni per il racconto di eventi in tempo reale (si pensi alle elezioni, ai disastri naturali, agli eventi sportivi).

Il report, che potete trovare integralmente qui e del quale è possibile leggere un estratto su Journalism.co.uk, prende le mosse dallo studio dei dati forniti dal sito del Guardian: le visite portate su questo dai live blog infatti sarebbero superiori del 300% rispetto a quelle generalmente convogliate dagli articoli 'convenzionali', e 233% sarebbe l'incremento portato in base ai visitatori unici. Dati sorprendentemente alti, se si pensa ai dibattiti che attorno a queste forme si annodano (utilità, valore giornalistico, ritorno economico, redazione di vademecum vagamente scientifici che prescrivano best practice per un lavoro giornalisticamente e eticamente corretto). E che vengono giustificati dai due autori in questi termini: «Crediamo sia perché i live blog coinvolgono effettivamente il pubblico, perché si adattano bene alle nuove preferenze degli utenti in fatto di consumo delle news, la loro condivisione e formattazione, tutti cambiamenti che derivano - in parte - dallo spostamento della lettura delle notizie dal formato cartaceo a quello online». Ma un ulteriore aspetto da considerare, aggiungono, è il fatto che il live blogging stesso sarebbe spesso visto come evento da ammirare, qualcosa capace di incuriosire e fare notizia da solo - più o meno, precisano, come nel vecchio adagio di McLuhan sul mezzo e il messaggio.

Tuttavia l'attrazione fine a se stessa non potrebbe spiegare da sola queste cifre: quello del Guardian, raccontano gli autori, è un lavoro di live blogging ormai professionalizzato e seriale, che consta di dinamiche di lavoro fisse e ben rodate, e che porta a risultati di qualità in tempi ristretti - e dunque a essere apprezzati dai lettori. «Su Guardian.co.uk un live blog tipico dura circa sei ore, è aggiornato 40 volte e richiede il lavoro di due autori in redazione e un collaboratore part-time sul posto. Ciò significa che in media ogni giornalista coinvolto deve lavorare su un nuovo aggiornamento - un lavoro di ricerca e scrittura - ogni 20 minuti per sei ore». Certo, spesso coinvolgendo i lettori nel lavoro di fact checking, ma di sicuro una pratica impegnativa che almeno al Guardian sembra funzionare, e che ai lettori ricorda un giornalismo «più concreto e meno basato sulle opinioni».

Storify si fa più 'media'

Ma il lavoro in tempo reale sugli eventi - com'è ben noto in tempi di web 2.0 - non è più pertinenza esclusiva delle redazioni giornalistiche: grazie a tool come Storify, per esempio, è possibile tracciare la cronologia di una news - per come vista dai testimoni che la riversano in rete e dagli utenti che la certificano e commentano - attraverso tweet, foto, video e link esterni. Questa settimana Storify ha però aggiornato la propria homepage, ridisegnandola totalmente: mentre le pagine di composizione dei singoli storify rimarranno essenzialmente uguali, la pagina principale del sito assomiglia già da qualche giorno a una specie di board di Pinterest nella quale i riquadri propongono le notizie più importanti, quelle con «maggior risonanza» - definizione del creatore Burt Herman - sui social media in quel momento.

Secondo la dirigenza della società, un modo per mostrare agli utenti sin da subito gli elementi degli storify più significativi della giornata, e per aiutare i giornalisti a tracciare in pochi minuti il percorso di cosa è stato narrato, e come, attraverso la rete in quelle ore. Un'homepage non più di semplice servizio con i contenuti più popolari, quindi, ma dalla rilevanza propriamente mediatica, che allo stesso tempo vorrebbe portare gli utenti - via serendipity - a collaborare il più possibile agli storify altrui, e fare comunità. Ma non sarebbe tutto. Mathew Ingram, su GigaOM, fa notare come la nuova 'linea editoriale' potrebbe rappresentare una sorta di exit strategy imposta dalle nuove regole su API e terze parti adottate da Twitter nell'agosto scorso: cercare in sostanza di riuscire ad aggregare e fare da piattaforma in modo del tutto indipendente dal fin qui fondamentale social network di San Francisco, che nel frattempo in questi mesi ha già provato a creare pagine 'speciali' d'aggregazione per particolari eventi e che potrebbe comunque pensare un suo 'Storify' tutto suo - a partire dalla recente acquisizione di Summify.

La strada dell'aggregazione facile, curata e collaborativa è comunque tra quelle maggiormente percorse in tempi recenti, e non pochi sono i servizi - per giornalisti o semplici user online - che sono in grado di offrire quasi del tutto gratuitamente degli strumenti di facile utilizzo e racconto alternativo dei fatti. Piattaforme come Spundge, per esempio, permettono di creare dei notebook sempre aggiornati - e condivisibili o pubblicabili su pagine esterne - sui temi del momento: uno stream curato e sempre nuovo fornito da uno strumento che sul sito del Festival Internazionale del Giornalismo stiamo usando, in questi giorni, per raccontare dell'uso dei social media in diplomazia e guerra e del rapporto fra Twitter, diffamazione e conseguenze legali a partire dal caso McAlpine-BBC.

Ripensare la forma-testo

Riportare storie e testi in modo innovativo e attraente è comunque un modo per conquistare i lettori e aiutarli nella lettura: per anni la stampa classica ha sperimentato nuove 'impaginazioni' per mantenere la carta un prodotto attraente e di qualità in grado di competere con gli schemi testuali standard che per anni hanno dominato gli schermi del web. Ma con l'arrivo di testate online native e dei progressi tecnici giunti anche nel campo dell'editing grafico, non sono pochi i siti che stanno cercando delle nuove 'esperienze di lettura'. Alcuni di questi esempi vengono citati questa settimana da Kevin Nguyen su NiemanLab a partire da «The Long Strange Trip of Dock Ellis» di ESPN.com, un articolo spettacolare - che probabilmente neanche si può più definire soltanto ‘articolo’ - sul giocatore di baseball dei Pittsburgh Pirates e il suo rapporto con l'LSD: una pagina che scorre, divisa fra testo e animazioni, come se lo scroll volesse cercare quella profondità ricreata attraverso il doppio sfondo in movimento mutuato dagli scenari dei videogiochi platform stile Super Mario.

Ma non solo: su siti come The Verge, per esempio, si è puntato molto sull'utilizzo di content management system personalizzati in grado di garantire maggiore elasticità in fatto di impaginazione, in opposizione a siti della stessa famiglia tematica come Engadget - dal quale non a caso il fondatore Topolsky proviene - che preferiscono invece porre maggiore enfasi su essenzialità e velocità (The Verge, fra i siti esteticamente più belli del web, è di proprietà di VoxMedia che pubblica anche il sito sportivo SB Nation, tra i primi a utilizzare le GIF, di cui abbiamo parlato la settimana scorsa, per il racconto giornalistico). Terzo esperimento citato su NiemanLab, un pezzo su Bat For Lashes apparso sul sito specializzato in recensioni musicali Pitchfork, da consultare a tutto schermo, in orizzontale, mentre l'articolo si scorre normalmente e le foto dell'artista recensita, a lato, si muovono in effetto 'animazione' - nel frattempo, più in alto, un player minimale permette l’ascolto di estratti dell'album preso in oggetto.

Ma Nguyen non dimentica di citare servizi come Instapaper e Pocket che consentono di consultare i testi 'salvati' anche in mobile, con formattazioni più leggibili e semplici da scaricare su più dispositivi, e che aiutano nel consumo di brani longform. Secondo Adam Schweigert - digital strategist esperto di media e tecnologia - la forma-notizia, infatti, in futuro rischia di vivere di due soli canali d'uscita, e due sole modalità di produzione: quello veloce, corto e essenziale del tweet, che comincia a rendere quasi superfluo il contenuto poco più lungo di qualche post su Twitter, e quello - appunto - del longform journalism, da avvicinare con l'aiuto degli strumenti già citati e da rivalutare a livello qualitativo anche grazie ad una presentazione estetica più spettacolare - come visto. Secondo Matt Buchanan su BuzzFeed, invece, alla lunga finiremo per odiare il nuovo Twitter e la sua tensione ad 'allargarsi', nel tentativo di incorporare e proporre più contenuti multimediali possibili. Col rischio di diventare, in pratica, una sorta di Tumblr o una copia di Facebook.

I magazine da supermarket e la chiusura di FT Deutschland

Nel mondo dell'editoria classica, intanto, questa settimana c'è da segnalare un dato piuttosto curioso riportato in un articolo di Robert Andrews su PaidContent: secondo un report del National Readership Survey, i lettori di Tesco Magazine sarebbero cresciuti dell'otto percento in un anno al settembre 2012, fino a raggiungere i 7,22 milioni di lettori medi e superare la readership del Sun. Notizia che non avrebbe nulla di particolarmente sensazionale, se non fosse per il fatto che Tesco è una rivista gratuita distribuita nei supermercati.

Non sono pochi però gli elementi di criticità sui dati del report analizzati da Andrews: Tesco Magazine, infatti, è una pubblicazione bimestrale che quindi ha maggiori opportunità - a dati canali di distribuzione e prezzo - di essere letto da più persone per più tempo. Inoltre, altre ricerche parallele, con riferimento all'ultimo mese di 'letture', abbasserebbero la readership di Tesco a 5,3 milioni, superato anche dal concorrenziale Asda Magazine. Infine, sarebbe del tutto improbabile un confronto online fra Sun e Tesco, che vede il sito del primo prevalere largamente sul secondo - sebbene entrambi, in questo caso, siano totalmente gratuiti (un problema più per il Sun che per l'editoria da supermarket).

Intanto ieri è stata confermata la chiusura dell'edizione tedesca del Financial Times. Nato dodici anni fa dalla joint venture fra gruppo Pearson, proprietario del FT, e dei tedeschi di Gruner+Jahr (dello stesso gruppo del noto network televisivo locale RTL, Bertelsmann), il quotidiano di Amburgo verrà distribuito nelle edicole per l'ultima volte il prossimo 7 dicembre, senza mai aver effettivamente portato profitto nelle casse degli editori, e anzi producendo un rosso totale di 250 milioni di euro. Dalla proprietà fanno sapere che la scelta è stata inevitabile, considerato il settore sotto pressione - specie nel segmento finanziario - e il fatto che proprio non si sono trovati «altri modi per tenere ancora il giornale sul mercato».

prima immagine via fleishman.co.uk