La battaglia per la verità dei genitori di Giulio Regeni riguarda tutti noi. Perché la ragion di Stato, gli interessi lungo la rotta Roma-Al Cairo, sembrano aver messo a tacere la giustizia. E perché il recente caso di Patrick George Zaki, studente egiziano di Bologna arrestato, torturato e incriminato al Cairo, fa temere che quello di Giulio Regeni sia uno scenario fin troppo replicabile.

In quattro anni gli egiziani hanno ucciso cinque innocenti, depistato, falsificato documenti per allontanare i sospetti dai loro apparati. Senza però riuscirci: cinque funzionari dei servizi segreti del Cairo sono sotto inchiesta con l’accusa di aver partecipato al sequestro di Giulio. Non ha risposto l’Europa, a parte qualche passaggio di circostanza. Non ha risposto l’Italia che, anzi, ha rimandato il suo ambasciatore al Cairo. A combattere per ottenere verità e giustizia per Giulio e per tutti i Giulio d’Egitto ci sono però i genitori, Paola e Claudio, insieme al loro avvocato Alessandra Ballerini. Ma non sono soli. Con loro c’è l’onda gialla che parla di Giulio, indossa i braccialetti, appende quello striscione giallo per chiedere verità e giustizia. Perché Giulio era un cittadino italiano, un cittadino europeo che aveva scelto la cultura come strumento di solidarietà e giustizia sociale.